Il neozelandese Peeni Henare ha appena percorso 17.000 chilometri. Da Wellington si è recato a Kiev dove ha incontrato il suo omologo ucraino, il Ministro della Difesa Oleksii Reznikov. In Belgio, per dirla con Julos Beaucarne 1(1), i corrieri stanno sempre aspettando. A più di 270 giorni dall’inizio della seconda invasione dell’Ucraina, Ludivine Dedonder, la controparte belga di Henare e Reznikov, non ha ancora percorso i 2.000 chilometri che separano Bruxelles dalla capitale ucraina.
Questo dato potrebbe sembrare marginale, ma è un indicatore significativo della politica belga nei confronti dell’Ucraina. Ambivalente e ambigua. Per il Ministro Dedonder, « dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina » ma non dobbiamo « privare il nostro personale militare delle attrezzature di cui ha bisogno » 2. Strana argomentazione.
Il Belgio potrebbe infatti attingere alle sue grandi scorte di attrezzature dismesse – o in via di dismissione – di cui l’Ucraina ha bisogno. È il caso di centinaia di camion per il trasporto delle truppe in corso di sostituzione.
Ovviamente, l’esercito belga non la vede così. Il colonnello Tom Laermans, direttore del Dipartimento Vendite dell’Esercito, continua, imperturbabile, a organizzare la vendita, in piccole tranche, di attrezzature dismesse. In questo momento, ad esempio, ha messo in vendita 10 camion Volvo 6×4, apparentemente in condizioni relativamente buone. Eppure sappiamo da fonti ben informate a Kiev che le autorità ucraine sono interessate a camion di questo tipo, sia quelli che possono essere impiegati direttamente sia quelli che possono essere utilizzati come riserve di pezzi di ricambio. Il Ministro potrebbe far annullare la vendita e decidere di inviare immediatamente i dieci camion in Ucraina. Potrebbe anche, allo stesso tempo, chiedere al signor Laermans un elenco completo delle attrezzature dismesse che saranno messe in vendita nei prossimi mesi e, sulla base delle esigenze ucraine, decidere di inviare immediatamente queste attrezzature.
Se non vuole privare l’esercito belga di un equipaggiamento che ritiene indispensabile, potrebbe anche riacquistare dalla Società di ammodernamento di materiale militare OIP 3 decine di veicoli antiaerei Gepard, gli stessi che la Difesa belga ha venduto qualche anno fa a quella società con sede a Tournai e Oudenaarde. L’urgenza dei bisogni dell’Ucraina non ci sembra idonea a stati d’animo e domande sui margini di profitto di questa azienda. La questione principale è se l’ammodernamento fatto dall’OIP risponda alle esigenze degli ucraini e se un prezzo equivalente al 25% del prezzo di un veicolo nuovo di questo tipo sia ragionevole. Questo passo non ostacolerebbe in alcun modo una successiva iniziativa del Belgio di aprire alla concorrenza europea un settore che, per definizione, non rientra nell’ambito dei « segreti di difesa ».
Anche se, come abbiamo appena visto, il Belgio potrebbe fornire enormi quantità di armi all’Ucraina senza « de-equipaggiare » 4 l’esercito belga, l’argomentazione – politica – secondo cui « la protezione del nostro territorio e del territorio della NATO non è mai stata così sensibile » 5 è totalmente fallace. Secondo i dati forniti dai servizi segreti britannici, le capacità convenzionali dell’esercito russo sono state dimezzate dall’inizio dell’offensiva del 24 febbraio.
Jens Stoltenberg, Segretario Generale della NATO, non si esprime diversamente quando afferma che « in realtà, assicurandoci che la Russia, il Presidente Putin, non vinca in Ucraina, stiamo anche aumentando la nostra sicurezza e rafforzando l’Alleanza, dimostrando che non permettiamo questo tipo di comportamento vicino ai nostri confini. L’invio di queste scorte contribuisce quindi ad aumentare la nostra sicurezza e a ridurre il rischio di azioni aggressive da parte della Russia contro gli alleati della NATO”. 6
Inoltre, se un aggiornamento dell’esercito belga è indispensabile, la questione non è nuova. Già nel 2006, i ministri della Difesa degli Stati membri della NATO si erano impegnati a destinare il 2% del PIL 7 dei rispettivi Paesi alle spese per la difesa. Nel 2014, al vertice del Galles, i capi di Stato e di governo dei Paesi membri della NATO, tra cui il primo ministro Elio Di Rupo, si erano impegnati solennemente a raggiungere l’obiettivo del 2% entro il 2024. 8
Per quanto riguarda l’argomentazione del Ministro Dedonder, secondo cui « paragonare quello che sta facendo il Belgio con quello che sta facendo, ad esempio, la Lettonia, che confina con la Russia, è un processo sbagliato » 9, non è né intellettualmente né politicamente accettabile. I Paesi dell’Europa centrale e orientale, tra cui ovviamente la Lettonia, da 20 anni avvertono gli altri Paesi dell’Unione europea della minaccia alla sicurezza dell’intera Europa rappresentata dalla Russia di Vladimir Putin. Ad eccezione di alcune figure isolate e in gran parte ostracizzate, nella vecchia Europa, Belgio compreso, si è preferito aprire una linea di credito di fiducia illimitata al Cremlino.
Ma questa considerazione del Ministro Dedonder non ci dice solo questo. L’autrice suggerisce che la sicurezza di alcuni – in questo caso i lettoni – sia dissociabile dalla sicurezza degli altri membri della NATO, o che l’Unione Europea, di cui l’Ucraina farà presto parte, non sia un « tutto » in cui la sicurezza di alcuni è anche la sicurezza di tutti gli altri.
Ma questo approccio minimalista nei confronti dell’Ucraina non è ovviamente solo una prerogativa del Ministro della Difesa. È anche quello del Primo Ministro e del governo belga nel suo complesso (oltre che di quasi tutta l’opposizione).
Questo può essere disperante in un Paese in cui quasi tutto può, nel bene e nel male, essere oggetto di compromessi, ma purtroppo in Ucraina non c’è spazio per il compromesso. A meno che, ovviamente, si possa accettare un mondo in cui il possesso di armi nucleari permette di impadronirsi dei territori dei Paesi vicini e dei cittadini che ci vivono, un mondo in cui i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità rimangono impuniti, un mondo in cui la libera scelta di appartenere o meno a un’alleanza non viene rispettata.
L’Ucraina può e deve vincere questa guerra. Spetta a tutti i Paesi democratici fare tutto il possibile per garantire che questa vittoria sia raggiunta il più rapidamente possibile. Questo è ovviamente nell’interesse degli ucraini, che stanno pagando un prezzo elevato, che « si misura in vite, in sangue, ogni giorno », per citare Stoltenberg. Ma è anche nel nostro stesso interesse, su un’altra scala, quello del denaro che stiamo investendo nella vittoria ucraina.
Se dovessimo rispondere oggi alle domande poste dal Primo ministro Alexander De Croo all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite lo scorso settembre – « (…) ogni Paese un giorno si sentirà chiedere: cosa avete fatto per fermare questo? Cosa avete fatto per proteggere il popolo ucraino? Avete fatto finta di niente o avete agito? », la risposta non farebbe certo onore al Belgio. Sarà capace il governo belga di cambiare il suo software 10 e di creare urgentemente le condizioni perché Alexander De Croo, Ludivine Dedonder e Hadja Lahbib possano recarsi a Kiev con dignità?
Notes:
- Poeta, cantautore belga (1936-2021) ↩
- Ludivine Dedonder: “Il faut continuer le soutien à l’Ukraine, mais je ne vais pas priver notre personnel du matériel dont il a besoin”, La Libre, 18 novembre 2022 ↩
- Secondo il Ministro « Ce matériel avait été revendu entre 15 000 et 20 000 euros pièce parce qu’il était en bout de course. Des démarches ont été entreprises pour remettre à niveau les véhicules, mais l’entreprise nous demandait entre 475 000 et 500 000 euros par véhicule… », La Libre, op. cit. ↩
- Ludivine Dedonder, op. cit. ↩
- Ludivine Dedonder, op. cit. ↩
- «Stoltenberg : We already talking to defense industry to ramp up production to further help Ukraine, replenish our own stocks », ITTA Info, 9 Settembre 2022 ↩
- « Funding NATO », https://www.nato.int/cps/en/natohq/topics_67655.htm ↩
- « Funding NATO », op. cit. ↩
- Ludivine Dedonder, op. cit. ↩
- «Quand l’occasion se présentera (d’aller à Kyiv), nous ne dirons pas non» in «La Belgique en fait-elle trop peu dans l’aide aux Ukrainiens?», Gerald Papy, le Vif, 14 novembre 2022 ↩
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