Sono uno dei 38. Uno di quelli che ha votato la sfiducia a Valerio Federico, il nostro Tesoriere. E che lo rifarebbe, senza nessun entusiasmo ma con la stessa convinzione perché ritenevo e continuo a ritenere che i suoi atti, che hanno portato alla presentazione della mozione di sfiducia, sono molto gravi.
Se, con Karl Popper, riteniamo che l’essenza della democrazia sia, essenzialmente, la possibilità di rimuovere chi “sta al governo”, la gestione del “tesseramento” da parte del tesoriere ha contribuito a far venire meno questa possibilità, non meno indispensabile alla vita democratica di un partito che a quella di un Paese. E la “difesa” del suo “operato”, la sua ricostruzione dei “fatti” non è stata soltanto non convincente, è stata pure offensiva.
Dopo il Congresso di Milano e il trauma dei “pullman”, Valerio Federico si è giustamente adoperato, in modo netto, drastico e con costanza per impedire qualsiasi operazione di “tesseramento a pacchetto”, pur molto limitata nei numeri. Ha poi cambiato approccio nello scorso novembre, quando si è aperta di fatto la fase precongressuale e sono arrivate centinaia di iscrizioni. In quel momento, ha deciso un cambiamento dei criteri, in parte legittimato dal Collegio di Garanzia, criteri che si sono dimostrati non altro che una furbata pseudo-legalista e un insulto all’intelligenza di tutti. E questo ha avuto conseguenze devastanti: ha distrutto le fondamenta di un funzionamento democratico del partito e la fiducia fra gli iscritti. Una decisione politica la cui gravità è quindi dal mio punto di vista senza comune misura con atti quali l’avere rubato nelle casse del partito.
Di fronte a una tale situazione, non c’era purtroppo altra soluzione che sfiduciare il Tesoriere per affidare a un’altra persona il compito di sanare la situazione e, conseguentemente, di rimandare a dopo l’estate l’organizzazione del congresso.
Ma questo non basta. La questione che abbiamo (o avevamo) di fronte non è solo quella di creare le condizioni per uno svolgimento decente del nostro prossimo congresso ma anche (e soprattutto) quella di creare le condizioni perché le sorti di +Europa vengano affidate in futuro a un gruppo cospicuo di azionisti “seri”. E in un partito che si vuole liberale (e per molti di noi anche libertario), non bastano i criteri, pur importanti, di “individualità” e di “tracciabilità” del versamento della quota di iscrizione. È indispensabile inserire l’unico criterio utilizzabile che, in qualche modo, rispecchi la serietà dell’azionista aumentando in modo cospicuo – ma comunque paragonabile alla maggior parte degli investimenti mensili che un cittadino può fare in un’attività culturale, sportiva o hobbistica – l’entità finanziaria dell’investimento minimo nell’impresa +Europa e inserendo un criterio relativo alla durata del suo investimento.
Per questo ritengo, ammesso e non concesso che esistano ancora le condizioni per farlo, che al cuore della “riforma” che dovremo incardinare ci dovrebbero essere queste tre modifiche statutarie:
Quota di iscrizione
Viene aggiunto un punto 15.10 Il Tesoriere propone entro tre mesi dalla fine dell’anno all’Assemblea la quota minima di iscrizione per l’anno successivo. La quota di iscrizione non può essere inferiore a 120 euro/l’anno.
Nel periodo di transizione conseguente al ritorno al calendario solare (e cioè per il periodo dal 1° luglio 2021 fino al 31 dicembre 2022), l’iscrizione minima sarebbe ugualmente di 120 euro.
Diritto di voto attivo
Il diritto di voto attivo è prerogativa di chi è iscritto a +Europa per l’anno in cui si svolge il congresso nonché l’anno precedente.
Modalità di iscrizione a +Europa
Modifica del 5.2 Si consegue la qualità di Associato con il pagamento della quota di iscrizione annuale, che deve essere versata individualmente da ciascun Associato, essendo escluse le iscrizioni collettive. Si ritengono collettive le iscrizioni nel caso in cui esse abbiano condiviso mezzi e canali di pagamento, nonché circostanze di tempo e di luogo – medesimo IP per i pagamenti elettronici, medesimo ufficio postale per i pagamenti, anche in successione, con bollettino di conto corrente – in base alle quali i versamenti, sia pure singoli e non cumulativi, risultino realizzati per il tramite di un solo operatore e non personalmente da ciascun iscritto.
Ho usato il condizionale perché le dimissioni del Segretario e la conseguente convocazione di un congresso straordinario tra tre mesi si configurano purtroppo come un golpe bianco, come la conferma della volontà della leadership del partito di celebrare un congresso senza i presupposti minimi di democraticità.