Radio Svoboda, 6 Marzo 2021
L’articolo completo di Nataliya Kudryk (in ucraino) può essere letto qui
Nataliya Kudryk: La Procura Generale di Milano chiede di annullare la sentenza di secondo grado con la quale è stato assolto il soldato Markiv. Secondo Lei perché sia la famiglia di Rocchelli che la stessa Procura continuano ad insistere sulla colpevolezza di Markiv ed esercito ucraino senza mai accettare la possibilità del coinvolgimento della parte russa nella vicenda e rifiutano la collaborazione con l’autorità ucraine?
Olivier Dupuis: Ci sono, secondo me, tre elementi, che sono in realtà tre pregiudizi, che spiegano l’atteggiamento sia della famiglia e degli amici di Rocchelli che della magistratura, manifestatosi in questo caso attraverso la richiesta di ricorrere in Cassazione da parte della Procura di Milano. Lasciando da parte la questione del dolore della famiglia, credo che ci sia nei vari sostenitori della tesi “Markiv è colpevole, anche se non ci sono le prove”, un vero e proprio pregiudizio “sinistrese”, un riflesso pavloviano da vecchia sinistra “rivoluzionaria ». Per loro non è accettabile e neanche concepibile che uno Stato, l’Ucraina, già parte dell’Unione Sovietica, rivendichi la propria storia, la propria statualità e la propria aspirazione e azione indirizzata, seppur con mille difficoltà e ritardi, alla costruzione di una vera e propria democrazia e di un vero stato di diritto. E questo diventa ancora più inaccettabile man mano che si conferma che la venerata Russia ha preso e continua a prendere la strada opposta. C’è poi, molto contiguo con questo pregiudizio, quello di una magistratura che, in settori molto rilevanti, si concepisce come un corpo politico che ha come compito non di amministrare la giustizia, ma di “fare giustizia”, cioè di fare sentenze che esprimano una verità morale e politica. C’è infine un pregiudizio filo-russo, di comprensione e di giustificazione di qualunque cosa la Russia faccia, e questo è anche frutto di operazioni di disinformazione e di “acquisto” di molte personalità del mondo politico e dell’informazione da parte del Kremlino. Un fenomeno, quest’ultimo, che non riguarda solo l’Italia come dimostrato, per esempio, dalla faccenda Nord Stream 2.
N.K.: A suo parere si può definire la sentenza di secondo grado in qualche senso ambigua, 50/50 (in senso che non soddisfa pienamente nessuna dei parti del processo)?
O.D.: Credo che la magistratura sia perfettamente consapevole che un verdetto in appello simile a quello dato in prima istanza dalla Corte di Pavia sarebbe stato polverizzato dalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo. Il punto centrale in questa sentenza quanto meno ambigua della Corte d’Appello, è che, pur affermando che non c’è nessuna prova a carico di Markiv, che è stato assolto “per non avere commesso il fatto”, riesce a non “squalificare” la corte di prima istanza e la sua ricostruzione della dinamica della morte di Rocchelli e Mironov e del ferimento di Roguelon. Credo che la Procura di Milano punti ad un’assenza di Markiv di fronte alla Corte di Cassazione, cosa che consentirebbe di organizzare un nuovo processo e condannare Vitaly Markiv in contumacia.
N.K.: Si parla molto del peso della propaganda russa in questo processo giudiziario, ma secondo Lei sarà l’unica che ha influenzato le due sentenze prima a Pavia e poi a Milano? Possiamo parlare anche della scarsa lettura dei rapporti internazionali da parte dei giudici, la mancanza della volontà di fare una ricostruzione dei fatti più seria considerando il contesto bellico in Donbas?
O.D.: Penso che dobbiamo allargare la riflessione e cioè andare oltre la questione giudiziaria in senso stretto. E’ una questione che riguarda da una parte l’Italia e gli altri stati membri dell’Unione e dall’altra la stessa Ucraina. In altre parole, bisogna uscire da una visione dell’Ucraina come paese dei confini, del limbo. E’ un problema di visione soggettiva sia per l’Ucraina che per i Paesi dell’Unione. E il problema deve, credo, essere affrontato di petto, liberandosi dai condizionamenti creati apertamente dai movimenti populisti e surrettiziamente dai settori più conservatori delle aristocrazie burocratiche e dei tenutari del capitalismo di rendita nei vari paesi dell’Unione, lanciando congiuntamente dall’Ucraina stessa e dai paesi dell’Unione una campagna per un’adesione rapida dell’Ucraina all’Unione.