Caro Presidente, cari membri del Comitato Nazionale, cari compagni,
non posso purtroppo essere con voi a Roma alla riunione del Comitato Nazionale, a cui sono stato gentilmente invitato. Cercherò più che potrò di seguire i lavori da remoto, come si usa dire, ma non potrò farlo in modo continuo. Avendo inoltre un problema personale con gli interventi telefonici, preferisco anticiparvi queste righe per aggiungere alcune considerazioni a quelle già comunicate in precedenza, con il compagno Strik Lievers o da solo.
Sottovalutarsi è una brutta cosa. Ma sopravvalutarsi lo è altrettanto. Lo dico perché in queste settimane ho sentito molte cose sgradite, alcune francamente indegne, da parte di compagni, anche storici, nei confronti di amici e compagni con i quali ci siamo lanciati nell’impresa di +Europa.
Le valutazioni politiche diverse non autorizzano i giudizi sprezzanti. Uno per tutti, la riduzione da parte di Roberto Cicciomessere di Forza Europa a “Benedetto Della Vedova e ai suoi tre funzionari”. Non rende giustizia a un lavoro di cultura e di iniziativa politica, che ha coinvolto in questi anni con testate e organizzazioni (da Libertiamo a Strade, per giungere a Forza Europa) decine e decine di persone e con cui moltissimi di noi hanno collaborato. Un lavoro di cui noi radicali – noi radicali tutti – non siamo stati sempre capaci. Poi, dileggiare i 300 iscritti di Forza Europa da parte di un partito con quasi vent’anni di storia, che di iscritti ne ha poco più del doppio, è oggettivamente ridicolo. In questo modo, inoltre, non rendiamo giustizia all’analisi che ha portato a individuare nella contrapposizione società aperta/società chiusa e quindi Europa sì/Europa no una chiave globale di rappresentanza e di iniziativa politica elettorale.
Non è vero che i radicali su questa analisi ci sono sempre stati (per non parlare del fatto che molti di noi non ci stanno ancora). E, di sicuro, non si può equiparare una campagna, pur importante, come Europe First come un’anticipazione di questa analisi, come del resto non si può di tutte le altre campagne storiche a favore dell’integrazione europea portate avanti dagli amici federalisti europei o dal Partito Radicale.
Ancora nello scorso autunno la nostra dirigenza e il nostro Segretario, all’ultimo congresso di Radicali Italiani, sono entrati con una proposta elettorale del tutto diversa, “radical-identitaria”, che il congresso e alcuni interventi sostanziosi, a partire da quello di Emma Bonino, hanno contribuito a ribaltare e a avvicinare a quanto dall’inizio del 2017 Forza Europa aveva proposto anche a Radicali Italiani.
Questa analisi, insieme alla leadership di Emma Bonino e al coinvolgimento dei tre soggetti (Radicali Italiani, Forza Europa e Centro Democratico) è stata determinante nella campagna elettorale. Se, ovviamente, ciascuno può valutare diversamente l’importanza di questi tre fattori e, anche, l’importanza del ruolo svolto da ciascuno dei tre soggetti, mi pare difficile fare come se alcuni esistessero e alcuni no. E questo vale anche per i compagni di avventura di Centro Democratico, a cui dopo il voto alcuni di noi vorrebbero fare una sorta di analisi del sangue libertaria, come se un grande fronte federalista e liberal-democratico europeo (che è l’obiettivo ideale dell’iniziativa di +Europa) potesse essere condizionato, unicamente, dall’agenda dei diritti individuali. Si vuole sostenere che se Macron ha fatto En Marche con il Modem di François Bayrou noi non possiamo fare +Europa con il CD di Bruno Tabacci?
D’altra parte, se il risultato elettorale fosse stato solo un risultato radicale e di Emma Bonino, non riassumibile, certo, nel suo ruolo di leader radicale ma comunque leader radicale, ci sarebbe stata un’esplosione di iscrizioni a Radicali Italiani, che non mi pare che ci sia stata, no?
Ma veniamo all’oggi. Al voto di domenica nel quale sarete chiamati a pronunciarvi sullo Statuto provvisorio adottato dall’Assemblea di +Europa, sul quale sono chiamati a pronunciarsi anche gli organi del Centro Democratico e di Forza Europa. Si arriva al voto in un modo abbastanza surrealista, con il Segretario che non sembra chiedere la ratifica di un accordo che sostiene, ma si limita a rimettere al Comitato Nazionale, senza alcuna indicazione di voto, un accordo qualificato esplicitamente come un diktat o come un ricatto di Forza Europa e del Centro Democratico. Se questo è un ricatto, non è solo logico, ma doveroso che voi lo bocciate. A meno che non comprendiate, come io spero, che non è affatto un ricatto.
Carmelo Palma, il segretario del Comitato Statuto a cui anche io ho partecipato, ha stilato una cronologia di tutti i passaggi del negoziato, che non è iniziato la scorsa settimana con il presunto “ricatto”. Il testo proposto da Gianfranco Spadaccia e già accettato, più di un mese fa, da FE e dal CD, era stato allora bocciato da Riccardo Magi per ragioni all’origine misteriose, poi a poco a poco chiarite: per Radicali Italiani non era accettabile un coordinatore e, per essere più precisi ancora, non era accettabile l’ipotesi di Benedetto Della Vedova coordinatore. Poi, a dispetto della dimostrazione che il triumvirato, quadrumvirato con Gianfranco Spadaccia, non aveva potuto produrre niente proprio per l’esistenza dell’obbligo dell’unanimità, Radicali Italiani riproponeva due settimane fa la proposta di un triumvirato, con nomi diversi, ma con la stessa sostanza. A questo gioco da Penelope e a pochi giorni del termine ultimo per prendere una decisione (30 giugno), FE e CD non hanno opposto nessun diktat, hanno semplicemente detto: “basta”. Dopo tre mesi di paralisi dettata esattamente dal principio dell’unanimità, altri sei, nove, dodici o diciotto mesi paralizzati dall’unanimità non sarebbero stati possibili. Sarebbe in ogni caso finito tutto, prima che qualcuno ne avesse decretato la fine formale.
Ma è vero, la questione del diktat esiste. È il diktat sulle adesioni dirette pronunciato da Roberto Cicciomessere due mesi fa quando affermò che se fossero state previste lui avrebbe fatto “saltare tutto”. E infatti per due mesi Radicali Italiani si è opposta a una scelta che non era neppure una proposta, ma un adempimento statutario, visto che quando venne fondata +Europa i soggetti costituenti decisero che la sua prosecuzione avrebbe dovuto coincidere con la sua apertura alle iscrizioni dirette. È il diktat della linea politica, anzi di una non-linea politica per essere precisi, di un ordine di priorità radicali mutevole, ma sempre al 100% radicale, a cui subordinare strumentalmente il progetto di +Europa. Dall’annuncio di partecipazione del segretario di Radicali Italiani, neo eletto di +Europa, alle primarie per la segreteria del PD, alla centralità del referendum ATAC; dalla derisione di chi metteva al centro dell’analisi politica il pericolo nazional-eversivo solo tre mesi fa, al passaggio uguale e contrario, cioè l’individuazione della battaglia per la difesa dell’articolo 67 e della libertà di mandato degli eletti come chiave politica generale.
Ma almeno Roberto Cicciomessere, nella sua arroganza, non è ipocrita. Dice chiaramente che +Europa non è niente, solo un fattore di disturbo e di confusione per Radicali Italiani, che in quanto forza elettorale ha comunque raschiato il fondo del barile, e che quindi può essere tranquillamente archiviata. Fare a partire da questa analisi radicale-centrica una difesa formale di +Europa invece non è solo arrogante, ma anche ipocrita. Ed è ipocrita sostenere – come ho sentito proporre nell’ultima Direzione – di identificare +Europa con i 4 eletti perché significa congelarla nuovamente come soggetto politico fino all’ipotetico congresso. Perfino il Mago Otelma potrebbe prevedere che questi quattro parlamentari non condivideranno più niente tra poche settimane o mesi, se non parte +Europa come soggetto politico.
Io sono peraltro convinto che la durezza della posizione di RI nel negoziato sullo Statuto di +Europa sia stata un sintomo di una debolezza politica interna e di una divisione tra opzioni o letture della crisi italiana e europea di natura molto diversa, per non dire opposta.
Una delle più pericolose mi sembra quella di una possibile conversione a un europeismo “alla Varoufakis”, cioè di un antieuropeismo pratico certo meno pericoloso di quello degli etno-nazionalisti, ma altrettanto ostile alle regole fondamentali della costruzione europea e del rapporto tra solidarietà e responsabilità, tra efficienza economica e rigore fiscale. L’intuizione della necessaria dimensione paneuropea di una politica per l’Europa, che Diem25 mostra chiaramente, non fa di Varoufakis un eroe spinelliano o ernestorossiano. I rappresentanti italiani di Varoufakis al PE hanno votato contro le sanzioni alla Russia per l’invasione della Crimea e hanno votato contro la richiesta di liberazione dei prigionieri politici ucraini 1 detenuti in Russia. Da molti punti di vista anche il nazionalismo anti Unione europea si sta dando una dimensione e un’organizzazione politica paneuropea e l’europeismo “antagonista” di Varoufakis rischia di essere più un complice involontario, che un’alternativa dell’internazionale nazionalista. Questo sarebbe un discorso lungo che l’urgenza consiglia di rinviare, ma che non potrà essere evitato.
In ogni caso, l’assenza di una vera linea politica, di una chiarezza di direzione e di intenti è secondo me alla base di questi irrigidimenti. Tutto questo e, purtroppo, tanto altro, non ci ha sicuramente aiutato, ma anche questo, come tutti i problemi politici, può essere superato andando avanti, cambiando scenario, allargando la visuale, uscendo da uno schema “radicali contro resto del mondo”, dove il resto del mondo non sono solo i rappresentanti dello schieramento nazional-populista che vogliono fare la pelle all’Europa politica, ma anche tutti gli altri – e diversi da noi – possibili interlocutori della resistenza federalista e liberal-democratica europea.
Come ha detto più volte Gianfranco Spadaccia, +Europa non è affatto, oggi, uno strumento adeguato per la lotta che ci attende, ma apre una prospettiva di azione nuova, su cui è possibile lavorare. L’ho già scritto e lo ripeto: +Europa avrà successo se diventerà, per noi, un luogo di “irriconoscibilità”. E proprio ai radicali spetta l’onere di questa scelta che a molti di voi apparirà generosa e che io trovo invece indispensabile.
Notes:
- fra i quali Oleg Sentsov in sciopero della fame dal 14 maggio ↩
Buongiorno sig. Dupuis,
Non ci conosciamo personalmente. Sono stata una candidata per +Europa nella circoscrizione Lombarda.
Mi considero « nativa +europeista » non provenendo da nessuno dei 3 partiti fondatori ma avendo sposato in pieno il programma di +E.
Ho sempre apprezzato i suoi e di Lorenzo SL sforzi per tenere in piedi +Europa e vi sono sinceramente grata.
In questo suo ultimo scritto c’è un riferimento a Varoufakis e al suo movimento, a cui io guardo con interesse da sempre e prendo anche come esempio organizzativo e comunicativo per il nostro partito, che non comprendo. Diem25 non ha ancora esponenti al PE per cui mi chiedo come possa scrivere che « hanno votato contro il mantenimento delle sanzioni alla Russia ».
Grazie per questo chiarimento.
Cordiali saluti
Martina Scaccabarozzi
Cara Sig.ra Scaccabarozzi,
I tre parlamentari europei della lista « Un’altra Europa con Tsipras », Spinelli, Maltese e Forenza – che hanno votato no alla mozione – oggi fanno di fatto riferimento a Diem25 e Barbara Spinelli ha uno dei massimi incarichi politici in Diem25 Italia.
Un caro saluto,
Olivier Dupuis
Grazie Olivier della sua risposta. Ho girato i suoi commenti ad una militante (ex radicale) di Diem25 che ricopre, se non erro, anche il ruolo di coordinatrice per Milano, la quale ha ribadito che Diem25 non ha nulla a che vedere con il partito L’Altra Europa con Tsipras ». Effettivamente, conoscendo entrambe le esperienze politiche, mi sovviene che quest’ultima è nata a seguito della spaccatura tra Varoufakis e Tsipras, spaccatura avvenuta nel periodo cruciale delle trattative del Governo greco con l’Europa. L’Altra Europa con Tsipras, esperimento tutto italiano per altro, si dichiarò a sostegno del Governo greco, contro i condizionamenti della Troika…con l’epilogo di cui noi tutti siamo a conoscenza.
Sempre se non ho capito male, Barbara Spinelli, in Diem25, ricopre un ruolo « consultivo » e non « politico », così mi è stato riferito. Gli altri nomi da lei citati non hanno nessun ruolo in Diem25. Il movimento non è quindi in grado di rispondermi sulle motivazioni del loro voto, espressione personale.
Le vorrei però spiegare perché mi interessa tanto dibattere la questione, apparentemente marginale agli argomenti del suo ultimo intervento sul blog.
Vede, io ho sposato il programma elettorale di +Europa con piena adesione e nel mio piccolo ho fatto campagna elettorale, incentrandola sul capitolo +Unione, quello dedicato al « Federalismo leggero. »
Se +Europa, come mi auguro, potrà ricominciare, sulle basi dello Statuto proposto da Spadaccia e generosamente accettato da FE, CD e i Nativi +Europeisti, dovremo rilanciare (partendo già da una posizione di ritardo) il programma europeista, in vista delle prossime elezioni, per noi di vitale importanza e giustificative della nostra ragion d’essere.
La mia opinione è che se vogliamo avere una piccola chance di arginare il blocco etno-nazionalista e populista che ci fronteggerà in tutta Europa con il rischio di determinarne la sua fine, dobbiamo essere il partito, forza propulsiva di aggregazione della risposta europeista, social democratica, liberale e federalista.
La mia idea è quella di proporre a tutti i partiti e movimenti europeisti, una coalizione, alle prossime elezioni, sull’argomento del Federalismo Europeo e della sua Costituzione.
Dobbiamo proporre loro un’alleanza fondata sul tema del federalismo (e solo su quello), un’alleanza di scopo, che ci impegnerà, una volta ottenuti seggi al PE, a lavorare ad una proposta di assetto federale dell’Europa, che dovrà culminare con la creazione di un’Assemblea Costituente per la stesura della Costituzione Federale Europea da sottoporre all’approvazione dei cittadini europei.
Forse è un sogno, il mio ma, come riporta la copertina della mia pagina facebook, che estrapola una frase di Malcom X, « …il futuro appartiene a coloro che si preparano per esso oggi… ».
Concludo quindi ribadendo che è utile in questo momento storico, gettare ponti ai partiti europeisti, cercare di instaurare un dialogo che si focalizzi sui punti in comune e non sulle differenze.
Varoufakis, nel suo ultimo discorso che ha tenuto a Milano, al quale ho assistito, ha concluso invitando i suoi militanti ad aprirsi ad altre forze europeiste. Ed io sono dello stesso avviso ormai da mesi, da quando ho partecipato all’esperienza di +Europa e ho potuto apprezzare il lavoro di squadra di tre forze politiche + una quarta, i Nativi +Europeisti, dalle provenienze » ideologiche » alquanto differenti tra loro ma, queste stesse forze, capaci di condividere un programma. Voglio qui tralasciare l’esito, che ha poi determinato i diverbi di questi mesi post elezioni.
Diem25, già partito pan europeo senza essere incorso nelle nostre « menate » statutarie, che conta solo in Italia 10.000 iscritti, contro i 600 dei RI ed i 300 di FE, fa un passo in avanti in questa direzione, dovremmo essere capaci di coglierlo.
La mia ultima riflessione è per il Venezuela di Maduro, che spesso ho sentito citato a monito della crisi politica che stiamo vivendo in Italia ed in Europa.
Parte della responsabilità delle condizioni drammatiche in cui versa il paese latino americano è da attribuirsi non tanto al suo leader dal consenso incontrastato ( perché così non è), quanto per il fatto che l’opposizione è talmente divisa da risultare paralizzata e non riuscire a dar vita a nessun programma di governo alternativo aggregante.
Ancora molti saluti e a presto
Martina
consists of the book itself
Century to a kind of destruction:
(palimpsests). In the XIII-XV centuries in
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